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Due agenti molto speciali - Recensione

27/03/2013 | Recensioni |
Due agenti molto speciali - Recensione

Di nuovo una strana coppia di sbirri, uno di città e uno di periferia, uno dai modi spicci, l’altro dall’atteggiamento più composto, uno bianco e uno nero, sono Due agenti molto speciali. Dal loro incontro, ovviamente, scintille. Il filone, rivisitato tante volte, è quello del cosiddetto buddy movie.
I due mondi opposti che si incrociano sono quello di Ousmane Diakité, poliziotto della sezione finanziaria di Bobigny, banlieue parigina, e quello di François Monge, Ispettore Capo della famigerata anticrimine della capitale. I due agenti, uno l’opposto dell’altro, si ritrovano a collaborare alle indagini sulla morte della moglie del potente Jean-Eric Chaligny, importante sindacalista francese al centro di tensioni sociali che scuotono la Francia da qualche tempo. Il cadavere della donna viene ritrovato una mattina all’alba nei pressi di una bisca clandestina di Bobigny. Le indagini portano i due poliziotti a scavare su due fronti: da un lato nel mondo dei sindacati parigini, dall’altro negli sporchi traffici che fanno capo ad alcuni loschi figuri di Bobigny.
Un po’ di Arma letale, un po’ di Beverly Hills Cop (al cui protagonista l’agente Diakité ruba il giubbotto), con un pizzico di 48 ore, questa è in sintesi l’avventura  della coppia di poliziotti protagonisti di Due agenti molto speciali (in originale De l’autre côté du périph) di David Charhon. Uno lavora nella periferia di Parigi, è sempre in strada e disprezza i cosiddetti pezzi da novanta, l’altro è sempre elegante nel suo trench impeccabile e nelle sue giacche di sartoria, opera nei quartieri centrali della Ville Lumière, ha modi ossequiosi con le “alte sfere” e grandi ambizioni di carriera. Il primo si dichiara fan di Eddie Murphy, il secondo adora Jean-Paul Belmondo (con esplicito riferimento al poliziotto Joss Beaumont del film Joss il professionista). I due eroi, destinati a trasformarsi da nemici ad amici, hanno il volto di due attori che di amicizie cinematografiche se ne intendono: il primo, Omar Sy, lanciato dal successo clamoroso della pellicola di Toledano e Nakache Quasi amici, il secondo, Laurent Lafitte, che abbiamo visto far parte del gruppo di Piccole bugie tra amici, altro gioiello del cinema d’Oltralpe della scorsa stagione.
Niente di nuovo da registrare sul fronte del plot: la classica indagine sull’assassinio della moglie del “pezzo grosso” di turno conduce verso la strada piuttosto ovvia della scoperta del marciume di certi uomini in vista e alla “tirata” finale contro i soliti poteri forti. Il tutto condito da battute e scenette più o meno divertenti (una delle più riuscite è quella nel club degli scambisti con evidente imbarazzo del “mormone nero” Ousmane tra nudità di ogni età e colore) che fa virare il film nella tipica direzione della commedia action lasciando rigorosamente fuori dalla porta qualsiasi critica più approfondita a temi importanti come quello delle tensioni sociali sempre pronte a incendiare la difficile realtà delle banlieue parigine.
Alla fine la sensazione è quella che si sia giocato “di rimessa” percorrendo la strada già aperta dal fortunatissimo Quasi amici (vero colpo grosso nella carriera di Omar Sy, divo emergente cresciuto davvero nelle banlieue) costruendo di nuovo un film attorno all’incontro-scontro di una strana coppia di opposti: ricco e povero, alto e basso, periferia e città.
Alla fine il cop movie in salsa francese infarcito di citazioni cinematografiche fa quello che deve: diverte con garbo giocando con i cliché dei due poliziotti e soprattutto con le doti di Sy (di nuovo passi di ballo e immancabile accenno di moonwalk). Risate, qualche inseguimento e tanta leggerezza, la ricetta giusta per una Pasqua d’evasione al cinema.

Elena Bartoni   
 

 


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